VALLE DELL'IDICE

 

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L'Ìdice (in dialetto bolognese Égg) è un torrente dell'Appennino tosco-emiliano il cui percorso si svolge quasi interamente (meno che i primi 3,5 km toscani in provincia di Firenze, e gli ultimi 8 km in provincia di Ferrara) in provincia di Bologna, attraversando i comuni di Monghidoro, Loiano, Monterenzio, Ozzano dell'Emilia, San Lazzaro di Savena, Castenaso, Budrio e Molinella. Tra gli affluenti del fiume Reno, l'Idice è il primo per estensione di bacino, secondo dopo il Santerno per portata media e terzo per lunghezza dopo il Santerno e il Senio.

 

CORSO

 

Le sorgenti dell'Idice sono all'interno del territorio del comune di Firenzuola, in provincia di Firenze; esse hanno origine dal complesso montuoso del Passo della Raticosa, e in particolar modo dal monte Canda (1158 m) e dal monte Oggioli (1290 m), da cui nasce il ramo principale. L'Idice scende, dapprima precipite e tortuoso, ricevendo piccoli affluenti per lo più stagionali, tra cui il rio Vernolo da destra, in una valle piuttosto incassata e di aspetto assai variato (alternanza di boschi, calanchi, formazioni rocciose facenti capo al Contrafforte pliocenico, formazioni gessose nell'ultima parte), valle che poi s'allarga fino a sfociare in pianura presso Pizzocalvo e Castel de' Britti, in comune di San Lazzaro di Savena.

Giunto ormai in pianura, riceve da destra il piccolo rio Pallotta e subito dopo da sinistra il torrente Zena proprio sotto la chiesa di Pizzocalvo e, ancora da sinistra, il torrente Savena in località Borgatella di San Lazzaro di Savena, tributario che gli apporta la maggiore quantità d'acqua, soprattutto nel periodo estivo, non rimanendo mai completamente asciutto.

Poche centinaia di metri dopo la confluenza dello Zena, è sbarrato da una traversa con un'opera di presa che adduce acqua, nella stagione piovosa, al Canale dei Mulini che corre fino in pianura alla sua sinistra. Dopo la confluenza col Savena, assume aspetto di vero fiume, con acque perenni e anche abbondanti nella stagione piovosa: in primavera, a Castenaso, porta ordinariamente fra i 10 e i 20 m3/s, ma nelle piene ordinarie si superano i 200 m3/s e nelle piene centennali si possono superare i 600, dei quali i 2/3 sono dovuti al tributo del Savena.

Il torrente Idice all'interno del Parco fluviale ad esso dedicato nella frazione Fiesso di Castenaso

Pochi chilometri fuori dell'abitato di Castenaso, il torrente attraversa il Parco fluviale dell'Idice, una piccola oasi naturale lungo le sue sponde; sfiora poi Budrio e viene deviato dall'antico alveo[1] verso est e, canalizzato e pensile in séguito ai lavori della prima metà dell'Ottocento, attraversa il comune di Molinella in direzione di Argenta; riceve poi, da destra, il tributo del torrente Quaderna, nato dal complesso di Monte Grande, sopra Castel San Pietro Terme.

Da questo punto l'Idice scorre nell'alveo artificiale prima occupato dal suo affluente Quaderna, e giunge in provincia di Ferrara, nel comune di Argenta, in quella parte del Parco regionale del Delta del Po relativa alla città, ovvero le Valli di Campotto. Qui le sue acque in eccesso vengono raccolte nella cassa di espansione di Campotto, nella quale il torrente scarica le sue piene quando anche il collettore principale (il Reno) è in piena. Infatti, alla confluenza col Reno, un sistema di porte vinciane impedisce la risalita dell'acqua di quest'ultimo nell'Idice in caso di dislivello sfavorevole. La confluenza nel fiume Reno a San Biagio d'Argenta avviene insieme con un altro importante corso d'acqua della pianura bolognese, il torrente Sillaro, il quale riempie la cassa di espansione più meridionale delle Valli di Campotto, ossia quella di Valle Santa.

Il torrente Idice verso la fine del suo corso, ripreso dal ponte di Campotto, poco prima di riempire la cassa di colmata di Campotto

Il torrente Idice è lungo 78 km ed ha una portata media alla foce di oltre 12 m3/s dei quali almeno 6 dovuti al Savena; tuttavia in estate la portata si riduce praticamente solo a quella versatagli dal Savena, perché il suo pur vasto bacino (il maggiore fra quelli degli affluenti del Reno), è impostato esclusivamente su rocce impermeabili e non raggiunge le sezioni più elevate dell'Appennino, coprendo zone a media piovosità e una vasta area di pianura.

La valle dell'Idice è piuttosto interessante dal punto di vista geologico e naturalistico, ma la forte antropizzazione ne ha compromesso parzialmente l'equilibrio. Tra l'altro, la sistematica captazione delle sorgenti montane perenni a scopo antropico lascia in estate (ordinariamente per due mesi, talvolta anche tre) il torrente quasi completamente asciutto fino alla confluenza del Savena; un tempo Idice, Zena e Quaderna non rimanevano, in effetti, mai asciutti nella stagione siccitosa.

Per gestire le emergenze ambientali sono state costituite l'Oasi fluviale del Molino Grande (gestita dal WWF, in cui una grande varietà di fauna trova rifugio) ed il Parco dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell'Abbadessa.

Presso i Romani era noto come Idex flumen ed è riportato anche nella Tabula Peutingeriana (carta del XII secolo che ricopiava un antico itinerario romano del IV secolo).

 

 Note

  1. ^ . L'antico alveo dell'Idice scorreva in linea retta nella direzione di Molinella e dopo averla lambita ad ovest terminava il suo corso nelle Valli di Marrara, oggi non più esistenti, situate a Nord Ovest di Molinella in direzione di Ferrara.

 

VILLA RANGONI MACCHIAVELLI

 

Si può ammirare nella pianura l'edificio, oggi d'abitazione, che fu il monastero camaldolese di S. Michele di Castel de' Britti, un severo castelletto murato con torre merlata che divenne proprietà del Collegio Montato per gli studenti marchigiani a Bologna, e, sulla collina, quanto resta del castello di Castel de' Britti, cioè un troncone della porta d'ingresso e la chiesa parrocchiale, mentre il castello neomedievale che sorge lì vicino, villa Rangoni Machiavelli, è una creazione ottocentesca che vuole ispirarsi al Palazzo della Signoria di Firenze.

 

Formazione a Colombacci (da 5.6 a 5.3 milioni di anni fa)

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Ai sedimenti che, depostisi nel Messiniano finale, si interpongono tra le sottostanti evaporiti messiniane e le soprastanti Argille Azzurre plioceniche viene affibbiato questo insolito nome per il colore “grigio tortora” dei calcari di origine chimica che talora inglobano.
Dal punto di vista paleoambientale tale unità indica una serie di vari ambienti continentali e di transizione  in cui oscillazioni climatiche e/o tettoniche determinavano l'evoluzione da condizioni di “lago-mare” salmastro a situazioni marginali di delta-conoide fluviale (come per es. i conglomerati di Cusercoli) fino a condizioni di lago e palude alcalina.

 

Formazione Gessoso-solfifera (da 6 a 5.6 milioni di anni fa)

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L'origine di questa spettacolare catena di scintillante gesso macrocristallino risale a circa 6 milioni di anni fa (Messiniano), quando il Mediterraneo rimase isolato dall'oceano Atlantico a causa di un innalzamento del fondo marino nei pressi dello Stretto di Gibilterra.
Nel Mediterraneo di allora, trasformato in un gigantesco “lago salato” scarsamente alimentato dai fiumi e dalle piogge, si innescò un'intensa evaporazione - favorita da un clima più caldo dell'attuale - che trasformò il mare in una moltitudine di bacini sovrassalati.
Le soluzioni saline si concentrarono a tal punto che prima i carbonati (calcare), poi i solfati (gesso = CaSO 4 .2H 2 O) e infine anche i cloruri cominciarono a depositarsi sui fondali.
Periodicamente l'ingresso di nuove acque marine poteva interrompere la deposizione evaporitica, portando alla deposizione dei sedimenti fini (argille bituminose) che troviamo intercalati ai grossi strati gessosi.
Infatti osservando tale Formazione si possono notare fino a 15 - 16 strati di gesso selenitico (cioè a grossi cristalli) spessi da uno a oltre 20 metri, intervallati da strati di argille bituminose; ogni coppia di strati argilla-gesso rappresenta un ciclo di evaporazione.
All'inizio del Pliocene (5,3 milioni di anni fa) si riaprì definitivamente lo stretto di Gibilterra e la cosiddetta “crisi di salinità messiniana” cessò definitivamente: si formò un ambiente di mare profondo dove riprese la sedimentazione (per tutto il Pliocene e almeno metà del Pleistocene) di depositi (Argille Azzurre) molto ricchi di fossili, che ricoprirono la Formazione Gessoso-solfifera.

 

Formazione Argille Azzurre (da 5,3 a 0,8 milioni di anni fa)

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La Formazione Argille Azzurre, un insieme di depositi sedimentari detritici, più o meno fini, originatisi su un antico fondale marino tra il Pliocene e il Pleistocene inferiore (tra 5,3 e circa 1 milione di anni fa).
I depositi argillosi, in seguito all'alternarsi sia di periodi piovosi a periodi secchi sia da condizioni di alte e basse temperature, si alterano superficialmente risultando estremamente aggredibili dalle precipitazioni piovose che, dilavando intensamente il terreno, tendono a mettere a nudo la parte di roccia sottostante, impermeabile.
Si formano così caratteristiche vallecole separate da crinali estremamente sottili, con versanti e testate ripide e quasi completamente brulle, i cosiddetti calanchi.
Questi perciò rappresentano una particolare forma di erosione dovuta all'azione degli agenti atmosferici, e in particolare delle acque piovane, su terreni a prevalente composizione argillosa.

Siti
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